È ormai opinione comune che psiche, corpo ed energia siano un tutt’uno. Basti osservare le reazioni del nostro corpo in conseguenza di un’emozione, per verificarlo facilmente: se siamo imbarazzati le nostre guance arrossiscono, se abbiamo paura il nostro cuore batte più forte, se proviamo dolore i nostri occhi lacrimano, e così via. L’energia è il campo di forze vitale che rende possibile tutto ciò: senza di esso non potremmo definirci vivi.
Questo meccanismo di funzionamento a volte si inceppa, ossia accade che il nostro corpo si ammali e, per potercene accorgere la natura ci ha fornito di un altro sistema straordinario: i sintomi. Senza di essi, infatti, non potremmo portare attenzione a ciò che non funziona più con fluidità e, di conseguenza, apportare l’azione correttrice, la cura; tanto che le malattie asintomatiche sono le più pericolose perché ci accorgiamo del danno quando questo orami è in atto e diventa più difficile porvi rimedio. Nella cultura occidentale, è invece luogo comune trattare i sintomi come qualcosa da stroncare sul nascere, mediante l’utilizzo esterno di componenti chimici che ci permettano di tornare in forma prima possibile, per poter riprendere le attività quotidiane dalle quali crediamo di non poter proprio esimerci! Se portassimo più attenzione a noi stessi, ci renderemmo conto che i sintomi non sono dei nemici, ma un qualcosa che noi stessi produciamo, proprio per poter portare attenzione a ciò che evidentemente abbiamo trascurato. Quando curiamo il sintomo, è un po’ come se andassimo a spegnere la spia dell’auto che ci avverte che qualcosa non va[1]! A tutti è evidente che, così facendo, non faremmo altro che danneggiare ulteriormente l’auto, perché non ci siamo occupati del problema principale. Eppure verso noi stessi, spessissimo, ci comportiamo esattamente in questo modo. Invece che combattere il sintomo, invece, faremmo bene ad ascoltare cosa ci sta comunicando e prendere atto che se siamo noi stessi ad averlo prodotto, magari siamo noi stessi che possiamo apportare il rimedio più opportuno, indicandoci la strada per rintracciare la causa di fondo che l’ha generato. Ecco che i sintomi diverranno dei Maestri[2]. Una prova del fatto che il sintomo è sempre qualcosa di personale sta nel fatto che non tutti rispondiamo allo stesso modo esposti allo stesso agente potenzialmente patologico. Possiamo notare, inoltre, che spesso la malattia ci costringe a un periodo di riposo, che ci fa sospendere per forza ciò da cui ritenevamo di non poterci esimere: non è questo un modo per occuparci più di noi? Un primo approccio è quindi quello di osservare la parte corporea colpita, le funzioni correlate e le relative conseguenze, per trasferirle sull’interiorità ed osservare i principi attivi a cui sono legate. Ad esempio, il raffreddore: coinvolge le vie aeree, quindi la respirazione e la comunicazione con l’esterno (“stammi lontani”, “meglio che non ti bacio” si dice, “per non attaccarti il raffreddore”). Ci si potrebbe chiedere: perché ho bisogno di stare lontano dagli altri? Cosa faccio fatica a respirare in questo momento nella mia vita? In caso di nausea: quali elementi di me, o degli altri, mi danno alla nausea? Cosa non digerisco della mia vita? L’ipertensione: da cosa mi sento sotto pressione tanto da rischiare di esplodere e mettere la mia vita a rischio? Spesso ci sono diverse elementi accumulati e trascurati che sfociano nella malattia, nella somatizzazione. Ciò non significa che la malattia è colpa nostra, ma sicuramente non ci siamo dati la dovuta attenzione, soprattutto sottovalutando la propria emotività, come se fosse qualcosa di meno importante dei nostri impegni quotidiani, forse solo perché è meno visibile. Certo non basta porsi delle domande per guarire, né è necessario rinunciare alle medicine là dove è strettamente necessario, ma dare la dovuta importanza a un percorso di conoscenza di sé, qualunque esso sia, aiuta a creare una condizione che non ha più bisogno di produrre sintomi.
[1]Malattia e destino -il valore e il messaggio della malattia-,T. Dethlefsen, R.Dahlke, Ed. Mediterranee
[2]Y -il libro vivente-, N. Mangiameli, Ed. Mediterranee
Lascia un commento