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fasi del sonno

Il dormire: funzionamenti neurologici e coscienziali

Il dormire è quella fase in cui, spesso inconsapevolmente, il nostro organismo si rigenera: infatti, un’alterazione significativa e protratta del ciclo sonno-veglia comporta delle conseguenze importanti, soprattutto a livello cognitivo. Possono intervenire disturbi del linguaggio, dell’attenzione, della memoria, alterazioni percettive e irritabilità, mentre la mancanza di sonno continuativa porta alla morte[1], motivo per cui, in Sigmasofia, è annoverato tra i metabisogni.  Tuttavia, nonostante si passi circa un terzo della vita dormendo, circa venticinque anni, in realtà, a parte una diminuzione funzionale dei parametri vitali (tranne l’attività cerebrale, nella fase R.E.M.) che comportano un riposo complessivo del nostro organismo, poco si sa, dal punto di vista scientifico, sui fattori rigeneranti, contrariamente alla conoscenza dei vari stadi del sonno, che sono quattro, di cui sono state misurate le diverse onde cerebrali e individuate le caratteristiche fisiologiche. Tale misurazione ha permesso altresì di evidenziare che, contrariamente a quanto si pensava precedentemente,

il sonno non corrisponde a un periodo di relativa inattività, derivante dalla riduzione dei segnali afferenti, e quindi di risposo, ma uno stato complesso dato dalla cooperazione di molte componenti comportamentali e neurali.



Stadi del sonno

Il sonno si suddivide in fase R.E.M. e non-R.E.M., nella fase non-R.E.M si rilevano quattro stadi.

Appena ci si addormenta, nei primi 30 minuti circa, si attraversano piuttosto rapidamente tutti e quattro gli stadi del sonno non-R.E.M.

  • Lo stadio 1 corrisponde alla transizione dallo stato di veglia a quello del sonno, per cui il sonno si percepisce imminente ma non ancora arrivato. Le onde registrate dall’elettroencefalogramma risultano diminuite rispetto a quelle ad alta frequenza presenti durante lo stato di veglia, e sono denominate onde alfa, corrispondono ad uno stato di rilassamento.
  • Lo stadio 2 è caratterizzato da onde dette fusi del sonno e complessi K, sono onde più lente delle precedenti e derivano dalla graduale inattivazione dei meccanismi cerebrali responsabili dello stato di veglia. Il tono muscolare e la temperatura corporea cominciano a diminuire, gli occhi ruotano lentamente in una direzione e poi in quella opposta.
  • Lo stadio 3 è caratterizzato da onde ancora più lente, dette delta, la predominanza progressiva di queste onde segna l’ingresso nello stadio 4. In entrambi questi stadi la frequenza cardiaca diminuisce, il respiro diventa più lento e regolare, i muscoli si rilassando ulteriormente e la temperatura continua a scendere.
  • Dopo circa trenta minuti trascorsi nello stadio 4, il soggetto ripercorre in senso ascendente i vari stadi ma, invece di svegliarsi, attraversa la fase R.E.M. (rapid eye movements) che corrisponde alla fase dei sogni. In questa fase le onde registrate dall’elettroencefalogramma sono ad alta frequenza, simili allo stato di veglia e, a causa dell’inibizione dei motoneuroni spinali discendenti (tranne quelli che controllano il movimento degli occhi), è associata una mancanza quasi completa del tono muscolare, e una temperatura corporea molto bassa.
schema delle onde cerebrali gamma, beta, alpha, theta, delta

La fase R.E.M.

Il ciclo del sonno è caratterizzato dalla ripetuta oscillazione dalla fase non-R.E.M. a quella R.E.M. che, via via che trascorre la notte, tende a invertire le proporzioni delle due fasi, la fase non-R.E.M. tende a diminuire in favore di quella R.E.M. che precede il risveglio, motivo per cui i sogni del mattino sono generalmente più ricordati, essendo questa fase determinata da onde più ad alta frequenza, caratteristiche, come accennato, dello stato di vigilanza. La registrazione dell’attività spontanea neurale durante la fase R.E.M. rappresenta il fondamento neurale dei sogni.

Riguardo la loro funzione molti dibattiti e studi sono stati fatti, fin dall’era di Platone, che riteneva che i sogni rendessero manifesti “il flusso di desideri tremendo, feroce e sregolato” che ognuno possiede, concetto poi ripreso da Freud che impostò gran parte del suo metodo analitico sull’importanza dei sogni. Aristotele invece attribuiva loro una funzione di ripensamento sulle attività e le esperienze fatte durante il giorno, concetto ancora oggi ripreso da coloro che ritengono sia una funzione semplicemente di ricalibratura dei processi neuronali che scartano i dati immagazzinati inutili e rinforzano quelli significativi. Poiché il sonno è presente in tutte le varie specie animali, e presentano le stesse caratteristiche di fase R.E.M. e non R.E.M. e poiché la privazione di sonno R.E.M. genera un rimbalzo R.E.M. per cui la perdita di sonno R.E.M. viene recuperata con un periodo più lungo di tale fase la notte successiva, è intuibile che la funzione del sonno sia di fondamentale importanza, sebbene, come accennato, non sia ancora chiara quale sia. Alcuni ipotizzano che, data l’intensa attività neurale, abbia una funzione di consolidamento della memoria (infatti, le alterazioni del sonno hanno effetti nocivi sui processi di apprendimento), altri che serva a ricalibrare la forza delle connessioni sinaptiche consentendo la conservazione delle informazioni importanti e l’eliminazione di quelle irrilevanti.

            La fase R.E.M. può consentire inoltre una risposta più pronta agli stimoli ambientali, perché l’organismo è più responsivo rispetto alla fase non-R.E.M.  Ciò consente agli animali che vivono in branco che, durante il periodo di riposo, almeno uno o alcuni di loro possono trovarsi in questa fase e, in caso di imminente pericolo, come un attacco da parte di eventuali predatori, essere più reattivi sia per quanto concerne le funzioni motorie sia sensoriali, potendo allertare anche gli altri componenti del branco.

I sogni della fase R.E.M. e quelli della fase non-R.E.M. sono diversi

I sogni fatti durante la fase R.E.M. sono relativamente lunghi, di natura prevalentemente visiva, con un marcato contenuto emozionale e generalmente non in rapporto con gli eventi quotidiani.

Alcuni dati: la visione è la modalità sensoriale prevalente, circa il 65% dei sogni presenta eventi di natura uditiva, l’8% di natura vestibolare, il 4% di natura termica, mentre l’1% presenta esperienza tattili, olfattive e gustative.

Il contenuto emozionale è per circa il 14% relativo all’ansia, il 9% alla sorpresa, il 7% alla gioia, il 5% alla tristezza, il 2% alla vergogna. Durante la fase R.E.M. gli uomini hanno l’erezione del pene e le donne eccitazione sessuale.

La Sigmasofia, avvalendosi anche di altri studi, oltre alla sperimentazione diretta, ha evidenziato delle caratteristiche peculiari duranti le fasi del sonno. Per quanto concerne i sogni, la loro decodifica favorisce una maggiore consapevolezza del proprio inconscio.

I sogni, infatti, sono la rappresentazione simbolica dei propri stati emozionali, a volte consapevoli, il più delle volte inconsapevoli.

È quindi uno strumento che permette di trarre utili informazioni su se stessi, e di vivere delle situazioni che nella vita non sono possibili, per vari motivi, attraverso atti compensatori, dando sfogo a delle emozioni che, nello stato di veglia, sono per lo più represse (più o meno consapevolmente), come peculiari desideri sessuali, imprese eroiche, azioni aggressive, situazioni di pericolo, di paura ed altro. Nella mia esperienza lavorativa, spesso i pazienti che hanno delle disabilità permanenti mi riferiscono di sognare di camminare, di correre e di sentirsi estremamente bene.

Per la Sigmasofia, così come per tutto ciò che ha valenza simbolica, anche per i sogni,

non si applicano interpretazioni standardizzate,

conta piuttosto, come sempre, l’interpretazione personale, i significati e le correlazioni che il sognatore abbina e che, seppure si possano riconoscere delle valenze comuni, ognuno, necessariamente investirà in base alla propria storia esistenziale e livello di consapevolezza.

La capacità di spostamento dell’Io

Per la Sigmasofia, tuttavia, i sogni non hanno solo valenza psichica, ne esistono alcuni che hanno delle altre caratteristiche.

Poiché tutto è atomicamente e coscienzialmente collegato,

può accadere che l’Io, attraverso le sue estensioni, si posizioni su eventi accaduti numerosi anni prima (anche migliaia), fenomeno denominato retrocognizione, o anni dopo, la cosiddetta premonizione: va da sé che, per l’impostazione stessa della Sigmasofia, che si basa sull’esperienza diretta, tali dati debbano essere verificati, per essere ritenuti validi. Resta il fatto che, nella storia dell’essere umano esistono sogni rivelatisi vere e proprie precognizioni o retrocognizioni.

Al di là del fascino che possano suscitare certi argomenti (che, per la nostra Scuola, non hanno nulla di collegabile all’esoterico-occulto), quello che interessa non è tanto il contenuto della premonizione o retrocognizione in sé, quanto la prova che l’Io sia effettivamente estendibile, espandibile, oltre lo spazio-tempo convenzionalmente inteso, facoltà insita potenzialmente in ognuno. È nell’esperienza personale diretta e indiretta (anche attraverso documenti di altri metodi di ricerca interiore) che avvicinarsi, come consapevolezza, all’autopoiesi, al campo vitale (che ogni scuola, metodo o movimento denominerà a proprio modo) comporta una sorta di ipersensibilità ad ampio spettro, conseguenza logica e naturale della capacità di spostamento dell’Io oltre i propri confini/contenuti psichici, emotivi.

Vivere il tutto coscienzialmente e atomicamente collegato ha necessariamente delle ricadute nel quotidiano, di cui possono addirittura cambiare i paradigmi esistenziali.

Un monaco tibetano, uno Shaolin, un antico sacerdote etrusco, un eremita (al di là della laicità o della religione) e tutte quelle figure che hanno fatto della spiritualità il filo conduttore della propria vita, è risaputo non avere le stesse caratteristiche relazionali, la stessa quotidianità di chi non la considera un interesse primario. Anche chi non se ne interessa particolarmente, ma comunque si occupa scientemente della propria interiorità, modifica alcune caratteristiche: di solito, è una persona maggiormente empatica, sensibile, sa ascoltare, mettersi in discussione, è accogliente, equilibrata, rispettosa del tono altrui, più autentica con se stessa e l’altro.

Nel mondo onirico, al di là del proprio interesse per la spiritualità in genere, ognuno può sperimentare questa dimensione interiore, che ha parametri differenti da quella ordinaria.

La capacità di spostamento dell’Io può comportare l’osservazione di luoghi antichi realmente esistiti, la ricostruzione di antichi rituali, usanze peculiari di taluni popoli, di tribù, si può scoprire l’esistenza di altri esseri viventi (…). Può suggerire la soluzione di un problema emerso nella propria quotidianità.

La capacità di spostamento dell’Io nel sensibile

Nel mondo sensibile, la capacità di spostamento dell’Io dal proprio sé, dai propri limiti cutanei, può determinare le caratteristiche prima elencate, ma anche la capacità di disentificazione/fissazione dalla problematica, dal sintomo, dal dolore. Se, mentre dormo, posso viaggiare nello spazio-tempo, facoltà dell’Io (sperimentata e sperimentabile da tutti), perché non posso farlo durante lo stato di veglia rispetto ad una problematica? Anche nel caso in cui non fossimo consapevoli della tecnica specifica di spostamento che avviene durante il sonno, il dato è che accade. Spesso, si liquida questa domanda ritenendo il mondo onirico di fantasia, non attendibile, non concreto, per cui non sempre possono compiersi nella realtà di veglia le azioni realizzate durante i sogni. Intanto, possiamo chiederci se abbiamo mai indagato a fondo che cosa siano l’immaginazione e la fantasia (che hanno degli applicativi tra l’altro concreti, nella veglia, come la creazione di un’idea, l’elaborazione di un progetto, ecc.). Si può inoltre procedere con la riflessione che durante il sogno l’Io è immerso in quella che per lui è la realtà, in quel momento… tanto che a volte ricorda ciò che in quella dimensione è successo. Inoltre, se solo ci basassimo sulla valenza simbolica, scopriremmo che questa ha delle connessioni, anzi ci dà delle informazioni sugli stati che viviamo da svegli. Se volessimo spingerci ancora oltre nella riflessione, quando accadono fenomeni quali la retrocognizione e la previsione, ovviamente verificati, seppur rari, non dovremmo avere più dubbi sull’effettiva possibilità dell’Io di compiere questi spostamenti interiori.

Per la maggior parte delle persone, il dormire, i sogni, invece, sono delle funzioni automatiche di cui non sfruttare le potenzialità.

I sogni lucidi

A livello neurologico, esistono delle aree ben precise che sottendono allo stato di veglia e a quello del sonno e, solitamente, agiscono separatamente, anzi l’una può funzionare grazie alla funzione inibente di specifici neuroni dell’altra. Ebbene,

esistono particolari condizioni, stati coscienziali, per cui
queste aree funzionano simultaneamente,

creando altre sinergie con effetti conseguenti: si tratta dei

sogni lucidi.

Sono definiti lucidi, in quando si mantiene la consapevolezza dello stare a sognare e, solitamente, sono quei sogni aventi le caratteristiche sovra descritte, quindi non direttamente collegate alla propria storia personale, con caratteristiche psico-emozionali inerenti alla propria quotidianità.

Il funzionamento simultaneo di tali aree diventa patologico quando invade la propria quotidianità, invalidando la capacità di interazione con il contesto sociale, con la cosiddetta realtà. Attenzione tuttavia a classificare certe alterazioni percettive o sovrapposizione alla realtà di immagini fantasiose come sintomi patologici, semplicemente perché non rientrano nella cosiddetta norma o perché non se ne conoscono le funzionalità. E se fossero uno strumento in più, invece che un deficit? In alcune popolazioni il cosiddetto veggente, quindi chi aveva le allucinazioni o viveva stati alterati di coscienza, era considerato persona di riferimento, il saggio; in altre (soprattutto ai tempi attuali), la stessa sarebbe trattata come paziente, rinchiuso in una struttura adeguata, sedato e controllato. Voglio dire che spesso, per mancanza di informazioni o di approfondimenti in merito, si tende ad approcciarsi secondo riferimenti ordinari, ma non sempre questo è attinente. Senza i dovuti accorgimenti e verifiche, a volte la realtà risulta essere semplicemente relativa rispetto ai propri parametri, con l’arroganza, spesso figlia della presunzione, di etichettare come malattia ciò che non rientra negli stessi. Invece, ripeto, ciò che non invalida la capacità di interagire con l’ordinario, che pure è esistente e per di più prevalente, è semplicemente una facoltà in più.

Poiché si caratterizzano con la produzione di immagini, seppure per così dire estese, i sogni lucidi rientrano nella fase R.E.M. Nella fase N.R.E.M. che, come dice il termine, non ha queste caratteristiche, si manifestano ancora altri elementi. I sogni fatti durante la fase non-R.E.M. sono più brevi, con meno contenuti visivi e minor coinvolgimento emozionale, di natura più concettuale e correlati con la propria quotidianità.

Nel quarto stadio di questa fase si colloca il sonno profondo effettivo, caratterizzato da onde cerebrali molto lente e ampie (onde delta e theta), da cui l’organismo si rigenera. Ma perché si rigenera?

Le Autopoiesi olosgrafiche

Durante le Autopoiesi olosgrafiche, può accadere di raggiungere un livello di rilassamento molto profondo (nella mia esperienza personale, mi è capitato moltissime volte, con l’opportunità di vissuti per me molto significativi). Rilassarsi effettivamente non è spesso semplice, per molti è un raggiungimento molto difficile, in quanto abituati a convivere con una dimensione caratterizzata prevalentemente dalla razionalità, dal dover essere, dal dover fare, dall’organizzare (…), e dal campo emotivo, che a volte stenta ad esteriorizzarsi in maniera fluida. È come se molti esseri umani avessero dimenticato o non conoscessero proprio che cosa significhi entrare in loro stessi.

Le tecniche meditative richiedono principalmente lentezza, nell’esecuzione dei movimenti fisici (quando non sono soltanto mentali) ed è questo per molti un primo ostacolo, in quanto, come detto, si tende ad andare sempre di fretta. Per praticarle, si richiede silenzio, altra caratteristica quasi sconosciuta: si è abituati a pensare continuamente, a parlare, il che determina un rumore di fondo che non si è più in grado di riconoscere, proprio perché se ne è immersi e non si vive una dimensione che, per contrasto, lo metterebbe in evidenza.

Approcciare se stessi con calma, dedizione, attenzione e silenzio non è inoltre una condizione che faccia parte della nostra quotidianità (soprattutto in Occidente) ed essendo qualche cosa di poco conosciuto può addirittura spaventare. A tutto questo si aggiungono le fisiologiche difese e resistenze ad indagare se stessi, proprio perché una parte del nostro inconscio sa che abbiamo una zona d’ombra, che è appunto l’inconsapevolezza, quella, seppur minima, parte distonica, che si manifesta con un non meglio stato di irrequietezza di fondo, che si preferisce non andare ad approfondire. Così, si sceglie spesso il cazzeggio all’occuparsene, senza sapere che è proprio l’occuparsene che consente la vera leggerezza, ossia non quella compensatoria o di fuga da (una situazione di imbarazzo, dalla timidezza, da una paura, ecc.). È vero, occuparsi di sé può comportare dei momenti dolorosi, difficili (come del resto succede durante la vita), ma anche dei momenti ludici, estremamente divertenti, scanzonati, spontanei, anzi spesso la capacità di divertirsi è proprio un serio effetto di un buon lavoro fatto su di sé!

La ricarica energetica

Per la Sigmasofia,
è proprio la fase N.R.E.M. quella in cui l’Io effettivamente si rigenera,
proprio perché va in una dimensione oltre la produzione delle immagini (quindi del sogno) e
si sposta in ciò che genera:
l’autopoiesi.

Ricollegandosi, anche se inconsapevolmente, con quella dimensione, è facile capire che l’effetto sia di rigenerazione, di riposo effettivo, di ricarica energetica. È la fase in cui si producono le onde delta e theta, le più lente che si siano individuate, le stesse che, come è emerso da studi scientifici[2], sono prodotte durante gli stati meditativi. È inconfutabile, infatti, che l’effetto di tali pratiche sia appunto di rigenerazione, uno degli scopi per cui vengono praticate. L’autopoiesi, ossia questo stato creatore (di immagini, pensieri, azioni, di funzionamenti neurologici, biologici, fisiologici, ecc.), che ritroviamo sotto diverse denominazioni in base alla disciplina che se ne occupa, non può che avere un potere rigenerante, proprio in quanto crea, genera: è come abbeverarsi direttamente alla fonte, lì dove la contaminazione (nel senso di riduzione, identificazione, fissazione) è ancora lontana. Si comprende meglio quindi perché tale sistema di ricarica, fisiologico, dell’essere umano rivesta un’importanza vitale.

Tuttavia, se ai sogni a volte siamo presenti attraverso il ricordo o i sogni lucidi, è più difficile che sia nell’esperienza dei più essere consapevoli della fase N.R.E.M. Ma, poiché è nel funzionamento di ognuno, tutti potenzialmente possono esserlo. La Sigmasofia propone le Autopoiesi olosgrafiche a tal proposito ma, ripeto, in molte tradizioni, anche se con metodiche differenti, si trovano riferimenti in tal senso.

La ricaduta nel quotidiano

La peculiarità della Sigmasofia è che la finalità di questi vissuti consiste nella ricaduta nel quotidiano, altrimenti si rischia di aumentare, come consapevolezza, ancora di più il divario tra il sensibile (l’acquisito, l’esperienza, la materia, il logico-razionale e correlati) e il sovrasensibile (la parte meno visibile ai sensi ordinari di ciò che compone il sensibile, la materia, ossia la parte atomico-coscienziale, genericamente denominata spirituale, in senso laico e religioso). Essendo il sensibile e il sovrasensibile mondi che viaggiano fisiologicamente insieme, è necessario che anche la consapevolezza se ne accorga! Ecco che allora possono evidenziarsi delle variazioni nella propria quotidianità, nelle proprie scelte, nel modo di relazionarsi con se stessi e con gli altri, senza necessariamente diventare degli eremiti, guru o similia.

Una ricaduta possibile, precedentemente accennata ma che alla luce di quanto detto forse è più chiara, risiede appunto nella possibilità di disidentificazione. Se l’Io è capace, e lo fa ogni notte, di spostarsi nello spazio-tempo, ma anche in ciò che genera lo spazio-tempo e i suoi contenuti, può applicare la stessa capacità di spostamento oltre la problematica, il sintomo. Quindi, dal sintomo, dal problema, o da qualunque elemento di vita si può partire utilizzandolo come porta di ingresso a se stessi (che spesso è la motivazione iniziale a voler occuparsi della propria sfera interiore) e, dopo averlo attraversato nei suoi più dettagliati contenuti e correlati simbolico-reali, ci si può posizionare oltre. Non ci si rifugia quindi nella spiritualità come compensazione ad una realtà poco soddisfacente, ma si attraversa fisicamente la strettoia emozionale (con le Autopoiesi Io-somatiche)

fino a risalire a quello stato di indifferenziazione che tutto crea,
compresa la problematica stessa.

L’effetto sperimentato ormai migliaia di volte, personalmente e indirettamente dai pazienti seguiti e da altri ricercatori, è quantomeno la relativizzazione del problema in sé e, soprattutto, la presa di consapevolezza vissuta che non si è soltanto il problema, la parte deficitaria o invalida, ma si è molto altro ed è da lì, da quel molto altro, che si può attingere la forza e l’energia necessarie al superamento, per una nuova forma di comunicazione con sé-l’altro.

Il ritmo circadiano

Il ritmo sonno-veglia è regolato dal nucleo soprachiasmatico, posto nell’ipotalamo, al di sopra appunto del chiasma ottico, in corrispondenza della decussazione del nervo ottico. Un piccolo numero di cellule della retina risponde direttamente alla luce e proietta direttamente al nucleo soprachiasmatico, questa via sincronizza la ritmicità circadiana con il ciclo sonno-veglia. Il sonno segue un ritmo circadiano (deriv. Da circa dies, intorno al giorno) basato sulle ventiquattro ore. In passato si pensava che il ciclo sonno-veglia corrispondesse alle ore di luce e di buio, ma nel 1729 fu scoperta l’attività delle foglie anche al buio, così come alcuni animali sono attivi di notte e dormono di giorno, mentre altri, compresi l’Uomo, sfruttano le ore diurne per le attività e quelle notturne per il riposo. Anche la finalità del ritmo circadiano non è chiara, ma si presuppone sia legata alle esigenze delle varie specie. Ad esempio, la sospensione di alcune funzioni, come il procacciamento di cibo, per un tempo relativamente significativo e quotidiano, può aumentare le probabilità di sopravvivenza in relazione alle provviste alimentari; parimenti il riposo, a seconda delle specie e del loro ritmo circadiano, può svolgere funzione protettiva in relazione ai predatori o ai pericoli inerenti alla minor visibilità e alla minore temperatura ambientale e ai conseguenti fattori di rischio per la propria sopravvivenza.

Si è scoperto che esistono altri orologi interni che scandiscono molti altri processi fisiologici (i livelli di attenzione, il rilascio ormonale, la temperatura corporea ecc.) ma gestiti da quello centrale: il nucleo soprachiasmatico.

Si è misurato che la stragrande maggioranza dei ritmi endogeni si basi sulle ventiquattro ore, sono quindi circadiani, ma non determinati da fattori esterni (luce/buio), piuttosto sincronizzati con questi, come detto, in base all’esigenza. Ciò è stato dimostrato con studi in grotte o appositi laboratori, su uomini in condizioni di isolamento esterno che, privati di riferimenti temporali, dovevano basare la propria attività in base a ciò che il loro organismo suggeriva. Ebbene, gli studi dimostrarono il mantenimento del ritmo circadiano, lievemente diverso in alcuni, con un valore medio di circa ventisei ore.

Altri esperimenti simili, protrattesi per periodi molto più lunghi, hanno invece evidenziato un ritmo endogeno basato su circa trentadue ore[3] e anche oltre.

Le caratteristiche del sonno variano da una specie all’altra

Alcuni dati curiosi: le giraffe dormo solo due ore al giorno, i gatti circa tredici. I bovini dormono a occhi aperti, i delfini con metà del cervello per volta (probabilmente per poter nuotare in superficie e introiettare l’aria necessaria per respirare). Tutti i mammiferi hanno fasi di sonno N-R.E.M. e quasi tutti R.E.M., così come gli uccelli nei quali però alla fase R.E.M. non corrisponde l’atonia muscolare, il che consente loro di rimanere eretti. Altri animali definiti notturni dormono di giorno ed altri, definiti diurni, la notte. Sembra quindi che il sonno sia essenziale per la vita, ma le sue caratteristiche si adattano alle particolari esigenze di ciascuna specie.

Regioni anatomiche che regolano il sonno e la veglia

Le principali aree identificate nella regolazione del sonno e della veglia sono indirizzate sul tronco dell’encefalo e sull’ipotalamo. La stimolazione elettrica delle regioni anteriori del tronco dell’encefalo induce uno stato di vigilanza (sistema attivante ascendente), tale via, insieme ad altre aree dell’ipotalamo sono responsabili del mantenimento dello stato di veglia. Ponte e bulbo sono implicati nell’attivazione cerebrale, dell’atonia muscolare e dei movimenti rapidi degli occhi. Anche se non sono ancora conosciuti nel dettaglio i circuiti neuronali che generano il ritmo circadiano, sono conosciute le principali componenti cellulari. Queste sono le cellule istaminergiche[4], noradrenergiche[5] e serotoninergiche[6] denominate R.E.M.  OFF in quanto attivate nello stato di veglia, le cellule colinergiche[7] sono invece definite R.E.M. ON in quanto attivate nella fase R.E.M. del sonno.

Studi rivelano che il sonno si modifica con l’età

I neonati passano dalle sedici alle diciotto ore distribuendosi in modo quasi casuale nell’arco della giornata e circa la metà di questo sonno è di tipo R.E.M[1]. A circa quattro mesi di età il ritmo giornaliero si sincronizza con il giorno e la notte. Verso i tre-cinque anni di età il bambino dorme dalle dieci alle dodici ore al giorno, e il sonno è prevalentemente di tipo N-R.E.M. In età avanzata generalmente la fase N-R.E.M. (stadio tre e quattro) diminuisce cospicuamente determinando la sensazione di una minor qualità del sonno percepita. È interessante notare come la fase R.E.M inizia già nel periodo intrauterino e come questo passaggio possa determinare lo sviluppo stesso del bambino.

[1] È stato documentato che nei bambini immaturi il sonno è costituito per oltre il 50% dalla fase R.E.M. (il 50% è la condizione di normalità) e ciò indica che nella vita intrauterina il feto passava gran parte del tempo in uno stato di attivazione cerebrale ma con inibizione del movimento e, poiché l’attività neuronale influenza lo sviluppo del S.N.C., nei bambini immaturi l’attività spontanea del cervello ha facilitato lo sviluppo di questi circuiti.

I disturbi del sonno

È stato verificato che circa la metà della popolazione almeno una volta nella vita incontra difficoltà nel dormire. Negli Stati Uniti le alterazioni del sonno costituiscono la malattia più frequente (la mancanza di sonno è stato uno dei fattori che ha contribuito ai disastri di Chernobyl).

L’insonnia

È il disturbo più comune, può essere causata da complicazioni fisiche o emozionali, può essere blanda e breve a seguito di stress, o prolungata e grave. È spesso associata alla depressione, ma i farmaci comunemente usati per contrastare l’insonnia (le benzodiazepine, usate comunemente come ansiolitici), sopprimono lo stadio 4 del sonno, quindi un uso prolungato, oltre a poter causare assuefazione, può determinare una frammentazione e una diminuzione stessa del sonno. Ne esistono altri che non sopprimono la fase di sonno non-R.E.M.

La sonnolenza diurna è la conseguenza di una riduzione eccessiva delle ore di sonno. L’avvento della luce artificiale, l’esigenza di aumentare le ore lavorative o di vita sociale, hanno concorso a determinare una significativa riduzione delle ore impiegate per dormire, passando da una media di dieci a circa sette ore. La risultante è una condizione frequente di mancanza cronica di sonno nell’adulto con ripercussioni sulla sicurezza (anche stradale), sull’uso di sostanze eccitanti (come la caffeina e altre), e appunto sulla sonnolenza diurna, la quale può essere anche la conseguenza di altri disturbi come le apnee notturne, la narcolessia e la sindrome delle gambe senza riposo.

L’apnea nel sonno

È un’interruzione del respiro causata da un’ostruzione fisica della faringe (apnea ostruttiva nel sonno) o di origine neurologica (apnea centrale nel sonno). Oltre ad alterare il sonno, in quanto l’apnea causa un aumento di vigilanza ma non un risveglio completo, viene prodotta una maggior quantità di anidride carbonica dovuta a una minor introduzione parziale di ossigeno, che può determinare mal di testa al risveglio. Può provocare inoltre depressione, irritabilità, disfunzioni sessuali e maggior difficoltà nei processi di apprendimento e memorizzazione. Si manifesta prevalentemente nella fase R.E.M.  a causa della riduzione del tono muscolare.

La narcolessia

È caratterizzata da un’alterazione patologica della transizione dalla veglia al sonno. Può manifestarsi o con un’eccessiva sonnolenza diurna o veri e propri attacchi di sonno irrefrenabili durante la giornata, che possono presentarsi improvvisamente e in qualunque momento, spesso innescati da comportamenti monotoni e ripetitivi (come guardare la televisione, guidare o studiare). Può manifestarsi con un sintomo ben più grave come la cataplessia, che consiste in un’improvvisa perdita bilaterale del tono muscolare, soprattutto a carico dei muscoli delle gambe, del viso e del collo, con conseguente caduta al suolo, la persona è sveglia, cosciente, ma si sente instabile o appena in grado di muoversi. Può essere scatenata dalle emozioni, come il riso, forse perché in questo caso c’è una generale diminuzione del tono muscolare. Si ritiene che durante la cataplessia ci sia un’attivazione anormale dei circuiti inibenti il tono muscolare, caratteristico della fase R.E.M.

Un altro sintomo della narcolessia è rappresentato dalle allucinazioni ipnagogiche (se avvengono all’inizio del sonno) o ipnapompiche (se avvengono alla fine del sonno). In questo caso il paziente non è completamente addormentato ed è consapevole che non sta sognando, ma le immagini gli sembrano reali. I contenuti sono bizzarri, spiacevoli o terrificanti, sono prevalentemente di natura visiva, ma non di rado anche uditiva e tattile.

L’altro sintomo è la paralisi nel sonno. Si manifesta nel periodo di transizione tra sonno e veglia (in procinto di addormentarsi o del risveglio), non viene scatenata da emozioni e gli episodi possono durare fino a dieci minuti. È un’esperienza molto spiacevole e spaventosa, perché il paziente non è in grado di fare il minimo movimento. Si ritiene sia causata da un’indebita attivazione delle vie motorie discendenti inibitorie, in condizioni normali caratteristiche della fase R.E.M. La paralisi del sonno può manifestarsi anche in soggetti che non soffrono di narcolessia. Un’altra manifestazione possibile della narcolessia è il disturbo del sonno notturno, interrotto da frequenti risvegli.

Questi sintomi possono manifestarsi tutti o in parte, per farne diagnosi devono esserci o episodi diurni e di cataplessia o eccessiva sonnolenza diurna e paralisi del sonno, documentata da una polisonnografia.

La sindrome delle gambe senza riposo

È caratterizzata dal bisogno irrefrenabile di muovere le gambe, questo sintomo, presente anche di giorno, peggiora durante la notte, interrompendo il sonno o rendendolo più superficiale, determinando di conseguenza sonnolenza diurna.

Le parassonie: il sonnambulismo, il sonniloquio, i terrori notturni e i disturbi comportamentali del sonno R.E.M.

Il sonnambulismo, il sonniloquio e i risvegli in stato confusionale sono relativamente frequenti nei bambini e compaiono generalmente nello stadio tre e quattro. La SIDS (sudden infant death syndrome) –sindrome di morte improvvisa nel neonato- non è annoverata tra i disturbi del sonno ma è provocata da un’insufficienza respiratoria fatale che si verifica durante il sonno.

L’eloquio notturno di solito è incoerente, mentre i sonnambuli sono in grado di evitare gli ostacoli. Entrambi i pazienti con questi disturbi non conservano alcun ricordo di queste esperienze.

I terrori notturni si manifestano anch’essi nello stadio tre e quattro e si osservano comunemente nei bambini, i quali urlano, hanno la frequenza cardiaca accelerata e a volte gli occhi sbarrati ma non sono svegli e non conservano nessun ricordo dell’esperienza, anche se ricordano gli incubi. L’evento terrifico può durare per parecchi minuti e la persona è inconsolabile, anzi, tutti i tentativi per calmarla o svegliala aumenta la sua espressione di paura.

I disturbi comportamentali del sonno avvengono durante la fase R.E.M., e sono caratterizzati da un’alterazione degli impulsi inibenti dei fasci discendenti che, arrivando ai motoneuroni spinali, impediscono il movimento e quindi di mimare le azioni durante il sogno. Questi pazienti, in genere anziani, possono irrigidirsi o essere pervasi da evidenti scosse muscolari, se il sogno ha contenuti di intense attività fisiche, la persona può anche saltare fuori dal letto e far male a se stesso e al partner. I meccanismi alla base di questo disturbo non sono ancora noti.

Significato sigmasofico dei disturbi del sonno

Per la Sigmasofia, tutti i disturbi del sonno sono legati a uno

squilibrio dei meccanismi di autorigenerazione,
per tanto non vanno sottovalutati.

Il fatto che siano la malattia più frequente negli Stati Uniti e che riguardi circa la metà della popolazione mondiale, anche se per periodi variabili, denota il livello di fragilità dell’essere umano che, allontanandosi sempre più dai ritmi naturali, non li riconosce quasi più, rendendosi inconsapevole di funzioni profonde legate alla sua stessa sopravvivenza e alla qualità di vita.


Note

[1] La sperimentazione sulla deprivazione del sonno non è stata condotta su esseri umani, bensì su ratti, con esito di morte. Tuttavia esiste una rarissima patologia genetica, l’IFF: “l’insonnia familiare fatale” che comporta la morte entro pochi anni (o mesi) dall’insorgere della sintomatologia.

[2] Tra i vari studi, cito: N.F. Montecucco, Cyber la visione olistica – scienza e spiritualità per il Terzo millennio – 2000, Ed. Mediterranee.

[3] Esperimento del sociologo e speleologo Maurizio Montalbini nelle grotte di Frasassi, per 210 giorni, nel 1986.

[4] Cellule istaminergiche. Attraverso il rilascio di istamina, regolano le reazioni infiammatorie, del sistema di difesa immunitario e cardio-vascolare, nonché lo stato di veglia. La liberazione di istamina provoca contrazione della muscolatura bronchiale e vasodilatazione locale.

[5] Cellule noradrenergiche. Attraverso il rilascio di noradrenalina sono responsabili dell’accelerazione cardiaca, la contrazione degli sfinteri, l’accelerazione del metabolismo, l’aumento del rilascio del glucosio e l’afflusso del sangue ai muscoli per preparare il corpo a un intenso sforzo fisico violento, regolano la sudorazione ghiandolare e la dilatazione delle pupille, ha un forte effetto stressogeno.

[6] Cellule serotoninergiche. Attraverso il rilascio della serotonina regolano il tono dell’umore, contribuiscono alla sensazione di benessere e calma, allentando gli stati d’ansia, pertanto la serotonina è chiamata la sostanza del buon umore, aumentano la concentrazione (quindi regolano il sonno), regolano l’appetito e la sessualità.

[7] Cellule colinergiche. Attraverso il rilascio dell’acetilcolina, regolano le contrazioni cardiache, rallentandole, la pressione sanguigna, la peristalsi intestinale, la sudorazione. L’acetilcolina è molto importante nella trasmissione nervosa della muscolatura volontaria.


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